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Criptogenetica

Di Andrea Da Dalto 15/10/2025

La ricerca artistica di Andrea Da Dalto trova sintesi in quella che ha definito come Poetica Meccanica-Meditativa: meccanica e meditazione si incontrano come polarità attive senza opposizione, ma in reciproca tensione generativa all’interno di un processo in cui la meccanica del gesto (ripetitivo, disciplinato, impersonale) incontra la sospensione meditativa, l’ascolto profondo e l’abbandono. In un tempo che accelera e consuma, la lentezza diventa forma di resistenza, ogni tratto sospende, ogni segno rallenta, all’interno di uno spazio operativo in cui meditazione e tecnica si coabitano, generando opere non come oggetti compiuti ma come organismi in atto. La Poetica Meccanica-Meditativa non si pone l’obiettivo di comunicare un messaggio, ma di attivare una presenza, operando attraverso un segno che viene svuotato di intenzione e finalità per diventare soglia, scrittura del tempo e del corpo, pratica liminale tra automatico e rituale. Il soggetto di questa pratica artistica e ricerca spirituale è la linea che si ripete, si stratifica, si addensa fino a diventare stato di coscienza, abbandonando il reame dell’immagine per trasmutarsi in una topografia della durata, una superficie che viene attraversata da ritmi interni, da errori precisi, da gesti che sono cicatrici. Possiamo parlare quindi di scrittura automatica dell’immagine, un approccio in cui la linea si distacca dalla semplice funzione rappresentativa per diventare codice criptato, un linguaggio autonomo che si struttura nel nucleo dell’opera e non si limita a delineare forme, ma risponde a leggi e necessità interne dell’immagine stessa, scrivendola secondo una grammatica mutante e segreta che produce delle immagini trascritte o trascrizioni d’immagine.

Attraverso la Poetica Meccanica-Meditativa il disegno diventa macchina che sogna, corpo che respira e pensiero incarnato, attraversando e venendo attraversato da una pratica senza scopo apparente, che produce una conoscenza non concettuale, ma viscerale, quasi liturgica, e attraverso queste traiettorie si delinea una poetica che non cerca di rappresentare il mondo, ma di interrogarlo nel suo farsi, nelle sue pieghe segrete, nei suoi ritorni per mezzo di un segno che non è fine ma campo, e attraverso un processo che non genera forme, ma forze.

Andrea Da Dalto, Criptogenetica IX. Courtesy l’artista.

Introduzione
L’idea che si sviluppa entro il percorso di Criptogenetica è l’indagine del ricordo del trauma, che diventa trauma del ricordo, per mezzo dello sviluppo di una tecnica pittorica che si innesta all’interno dello scenario tecnico-scientifico il quale diventa il tema problematico e problematizzante della ricerca. La tecnica è al tempo stesso l’oggetto di indagine e il soggetto indagato, riflettendo e flettendosi dentro il tema del confine, e ponendosi come interrogativo sul limite umano e sugli effetti che possono essere prodotti dal suo superamento.
La tematica astratta della tecnica si fa materia concreta attraverso uno stile che si sviluppa su due piani opposti e coincidenti poiché su un primo livello viene presentata una ricerca tecnico/pittorica che può essere ricondotta a uno stile soggettivamente riconoscibile, mentre su un secondo livello la ricerca tecnico/pittorica diventa scrittura automatica riconducibile a una dimensione di oggettività deumanizzata.
Le 14 tavole della serie Criptogenetica si pongono l’obbiettivo di indagare il rapporto fra segno-pieno (trauma) e spazio-vuoto (rimosso) attraverso una ricerca espressiva che diventa sublimazione della tecnica che produce un senso di lineare distorsione che caratterizza l’intera produzione provocando una sensazione di coinvolgimento organico e di repulsione meccanica.
Il segno-pieno, quello rappresentato dal segno pittorico, è il soggetto in continua trans-formazione attraverso e attraversato dalla tecnica che riassorbe se stessa per esplorarsi chirurgicamente grazie allo scandaglio psichico della traccia sismografica che utilizza il segno come lacerazione visivo-emotiva. Lo spazio-vuoto invece rappresenta l’area del dogma, un perimetro inscalfibile dove l’assenza diventa protagonista, ed ospita al suo interno la traccia materica espressa dalla lacerazione del foglio strappato, ossia il testimone del rimosso che emerge alla superficie in forma muta, neutra ed evanescente.
La domanda di fondo che muove l’intero ciclo Criptogenetica rimanda a una questione ontologica che affonda le sue radici nel rapporto tra uomo e tecnica, ri-contestualizzando la tematica dentro una prospettiva contemporanea, interrogando sè stessa e lo spettatore sulla possibilità di oltrepassare limiti immaginifici all’interno di processi creativi che attraverso l’utilizzo di procedure di autoalienazione riescono a riconciliare la coscienza organica con la conoscenza meccanica.
La domanda ontologica che attraversa tutta la serie Criptogenetica non trova risposta unica e univoca ma testimonianza viva attraverso l’operato e l’operazione di un segno febbricitante e sintomatico che esplora ed è esplorato entro vari scenari allucinati ed allucinatori all’interno dei quali il segno-ferita diventa la sutura che ricongiunge parti smembrate dello spazio e lembi distanti del tempo aprendo squarci di visioni dai quali fuoriescono fantasmi enigmatici provenienti da dimensioni remote e apparentemente rimosse.

Andrea Da Dalto, Criptogenetica VI. Courtesy l’artista.

Tecnica

Il quadro inteso nell’accezione classica diventa un quadro pensato nell’accezione clinica, riconducendo il segno alla propria radice etimologica di “schizo” e da esso quindi ne deriva un attività creativa che utilizza la traccia come testimone della ferita, ossia quel particolare tipo di lacerazione intra-soggettiva che permette di immergersi all’interno dell’immaginario onirico-clinico che travalica il tempo fisico individuale nel tentativo di raggiungere e cristallizzare la dimensione archetipica della memoria genetica.
Il processo che definisco onirico-clinico diventa l’approccio generativo attraverso cui è possibile esplorare le intersezioni e le interazioni fra la sensazione fisica e il significato criptato, al fine di creare un epidermide pittorica cibernetica che esprime una sintesi della sensazione e una sensazione sintetica, cristallizzando all’interno del quadro clinico un prodotto ibrido fra la materia dell’informazione e l’antimateria dell’evento.
Lavorando attraverso quelli che definisco “algoritmi gestuali”, ossia dei flussi gestuali di frequenze che intercettano dimensioni sottili, l’immagine cessa di essere immagine di formazione sensibile per aprirsi a una dimensione di codifica del flusso di informazione sovrasensibile consentendo l’accesso alla memoria genetica della dimensione archetipica della psiche e rivelando la possibilità creativa di infinite strutture ibride fra essenza organica (memoria) e apparato meccanico (tecnica).
In maniera simile alle scienze algebriche e grammaticali che si servono della forma del codice per esprimere il contenuto della loro struttura, all’interno di Criptogenetica il segno è la forma che rappresenta il contenuto della struttura dei rapporti tra frequenze e lunghezze d’onda disvelandosi come un enigma aritmetico/grammaticale: l’immagine non è disegnata ma trascritta alla stregua di un codice, i quadri quindi smettono di essere una rappresentazione di immagini, per diventare una presentazione di codici, ponendosi come frammenti parziali di un vocabolario criptato, che può essere potenzialmente codificato e decodificato un numero infinto di volte.
Le opere non vengono progettate ma seguono un percorso simile ad un’autogenerazione apparentemente casuale, che alla fine del processo rivela un autocompimento dell’opera che appare indipendente rispetto alla razionalità soggettiva, come una forma di vita microscopica che si sviluppa poiché contiene al suo interno le informazioni necessarie per la propria crescita e si nutre dell’atto creativo del soggetto per l’auto-realizazzione della propria struttura macroscopica.
L’intero discorso fin qui esposto riguardo al segno-pieno, viene controbilanciato attraverso la progettazione dello spazio vuoto, metafora del dogma e manifestazione dell’ossessione del controllo che è controllo dell’ossessione, un secondo livello che viene sovrapposto a quello del segno creando un’interazione gestaltica tra figura e sfondo, determinando un effetto allucinatorio di ordinato straniamento operato tramite l’inversione fra i piani e le gerarchie visive. Lo spazio di vuoto, rappresenta un vuoto calcolato, programmato e programmatico, e costituisce idealmente un impianto gerarchico che oltre a costituire un elemento di disturbo e interferenza, al tempo stesso funge da struttura portante e fantasmagorica nelle composizioni per permettere alla materia del segno di edificarsi capillarmente e morbosamente attorno all’assenza insondabile.
Gli elementi scelti per generare la serie sono ridotti al minimo per catalizzare l’attenzione sul gesto, il contenuto e il processo che diventano i protagonisti assoluti delle opere e ne enfatizzano le variazioni di intensità, frequenza e flusso.

Andrea Da Dalto, Criptogenetica I. Courtesy l’artista.

Criptogenetico
Criptogenètico: agg. [comp. di cripto- e -genetico] (pl. m. -ci). – Di cui s’ignora la genesi, che ha origine sconosciuta; soprattutto nel linguaggio medico.
In un periodo storico in cui il progresso tecnico-scientifico sembra minacciare il ruolo, la funzione e l’autorità della creatività umana, e di conseguenza intacca e tenta di ridefinire tutta la sfera ontologica della specie umana, la mostra Criptogenetica vuole porsi come momento di riflessione e dubbio rispetto alla tematica della conoscenza tecnica in rapporto alla coscienza organica.
Volendo essere più diretti la domanda di fondo che attraversa tutto il ciclo di opere è la seguente: “È possibile entrare in contatto con lo strato più profondo della memoria umana attraverso delle tecniche di ripetizione meccanica?”
Le opere della serie Criptogenetica sono realizzate interamente a mano con l’utilizzo di penna a sfera, ma, come si diceva, la tecnica è al tempo stesso l’oggetto di indagine e il soggetto indagante, e viene resa tangibile attraverso l’operato di un segno sintomatico e sismografico che funge da bisturi attraverso il quale è possibile vivisezionare gli strati della psiche ripercorrendo all’indietro (o all’indentro) un percorso nella memoria genetica che riconduce l’essere umano al contatto con quella dimensione animale e spirituale (fisica e mistica) che lo precostituisce.
La serie Criptogenetica è debitrice della scrittura automatica surrealista e ne accoglie e raccoglie il lascito, tentando però di incanalare questa tecnica generativa dentro un immaginario visivo soggettivo all’interno del quale, attraverso quello che definisco come metodo “onirico-clinico”, si è cercato di produrre forme di vita che respirano in una dimensione limbica tra astratto e concreto (coscienza e scienza), oscillando fra queste due polarità e generando una vibrazione che le trasfigura in elementi di viva presenza visiva che dialogano con la parte più intima dello spettatore.
Il rapporto fra intimità ed esteriorità (attrazione e repulsione) è un altro perno attorno a cui ruota l’esperienza della serie Criptogenetica, infatti le opere cristallizzano le pulsioni contrastanti di attrazione organica e repulsione meccanica operando rispettivamente sui piani di forma e contenuto. L’attrazione organica deriva da forme biologiche che accolgono lo sguardo e l’emotività empatica, mentre la repulsione meccanica deriva dal contenuto di cui quelle forme sono composte, ossia un disegno che viene generato attraverso quelli che definisco “algoritmi gestuali”, ovvero dei flussi di segni che intercettano le frequenze di dimensioni sottili, caratterizzati da una ripetizione costante e meccanica (con minime variazioni al suo interno) che conferiscono quella consistenza deumanizzata all’intero ciclo di opere.
Un ultimo elemento che viene analizzato e incorporato all’interno della serie Criptogenetica è l’indagine del ricordo del trauma, che diventa trauma del ricordo, attraverso l’utilizzo di spazi rettangolari vuoti che rappresentano metaforicamente gli schermi tecnologici che popolano il paesaggio urbano e si mostrano come perimetro inscalfibile del dogma scientifico. Vengono presi in considerazione tre formati di schermo che rappresentano tre diverse tipologie di rapporto gerarchico con l’informazione, ossia lo schermo cinematografico (formato A1), lo schermo televisivo (formato A3) e lo schermo cellulare (formato A5).
Questi tre elementi dialogano tra di loro e diventano lo spazio di vuoto calcolato programmato e programmatico, e costituiscono idealmente un impianto gerarchico che oltre a costituire un elemento di disturbo e interferenza, al tempo stesso funge da struttura portante e fantasmagorica nelle composizioni per permettere alla materia del segno (e del sogno) di edificarsi capillarmente attorno alla loro presenza insondabile.
In conclusione la serie Criptogenetica vuole portare l’esperienza visiva in una dimensione contemplativa sacralizzando la componente tecnica del processo creativo oltre ad auspicarsi che le opere possano fungere da punto di partenza per intavolare una conversazione sulla questione riguardante la differenza fra tecnica e tecnologia, riportando l’attenzione su differenze semanti che significative se contestualizzate in questo preciso periodo storico.