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Il futuro è onirico: verso la visualizzazione dei nostri sogni?

Un team di scienziati giapponesi svela il nostro mondo notturno attraverso la fMRI e l'AI.

Di Cecilia Agostini 02/05/2025

Da sempre avvolti da un alone di mistero, i sogni rappresentano una delle frontiere più affascinanti della nostra esistenza. Quel mondo notturno, popolato di immagini bizzarre e narrazioni sfuggenti sembrava destinato a rimanere per sempre un’esperienza intima. Ma una ricerca svolta da un gruppo scienziati giapponesi, guidati dal professor Yukiyasu Kamitani presso l’Università di Kyoto, ha aperto la concreta possibilità di “registrare” i nostri sogni attraverso una combinazione sofisticata di risonanza magnetica funzionale (fMRI) e intelligenza artificiale.

Questo straordinario lavoro scientifico si prefigge l’ambizioso obiettivo di decodificare i complessi contenuti onirici analizzando l’attività cerebrale correlata agli oggetti che i soggetti percepiscono sia durante la veglia che nel sonno. Sebbene l’idea di poter, un giorno, proiettare i nostri sogni su uno schermo rimanga ancora nel regno della fantascienza, gli esperimenti hanno già prodotto risultati incoraggianti, rivelando frammenti di immagini legate al mondo onirico.

Il cuore di questa innovativa tecnologia risiede nell’impiego sinergico della risonanza magnetica funzionale e del machine learning. La fMRI è una tecnica di neuroimaging che misura l’attività cerebrale attraverso la rilevazione delle variazioni nel flusso sanguigno. Quando una specifica area del cervello è attiva, il flusso sanguigno in quella regione aumenta. I ricercatori giapponesi hanno sfruttato questa capacità per monitorare l’attività cerebrale dei partecipanti durante la visione di immagini da svegli e, successivamente, durante le diverse fasi del sonno.

Il vero salto di qualità è rappresentato dall’applicazione di algoritmi di machine learning. Questi sistemi di intelligenza artificiale sono stati “addestrati” ad associare specifici pattern di attività cerebrale rilevati dalla fMRI con le immagini che i soggetti stavano osservando da svegli. Una volta stabilita questa correlazione, gli algoritmi sono stati applicati ai dati cerebrali registrati durante il sonno, nel tentativo di “tradurre” l’attività neuronale in potenziali contenuti onirici. È fondamentale sottolineare che, allo stato attuale, i risultati non si traducono in una registrazione video completa del sogno, ma piuttosto nell’identificazione di “lampi” di immagini, come forme, oggetti o scenari che ricorrono nell’esperienza onirica dei soggetti.

Le implicazioni di questa ricerca sono vaste e toccano diversi ambiti. Nel campo delle neuroscienze e della psicologia, questa tecnologia potrebbe aprire nuove finestre sulla comprensione dei complessi processi cognitivi che avvengono durante il sonno. Potrebbe aiutarci a svelare il ruolo dei sogni nella consolidazione della memoria, nell’elaborazione delle emozioni e persino nella genesi di disturbi del sonno come gli incubi. Comprendere meglio il “linguaggio” dei sogni potrebbe anche fornire preziose informazioni sulla natura della coscienza e della percezione.

Dal punto di vista tecnologico, i progressi in questo campo potrebbero portare a sviluppi futuri inimmaginabili. Se un giorno fosse possibile decodificare in modo più completo i sogni, si aprirebbero scenari che spaziano dalla visualizzazione delle proprie esperienze oniriche a quelle altrui (sollevando, inevitabilmente, importanti questioni etiche legate alla privacy e al consenso). 

In ambito terapeutico, la capacità di comprendere i sogni potrebbe rivelarsi uno strumento prezioso per affrontare traumi, fobie o altri disturbi psicologici, come già aveva approfondito Sigmund Freud che elevò i sogni a connessioni dirette con l’inconscio, interpretandoli come manifestazioni simboliche di desideri repressi e conflitti interiori. 

Con questa innovazione tecnologica i pazienti potrebbero esplorare e rielaborare il proprio mondo interiore in un modo completamente nuovo. Inoltre, le intuizioni derivanti dalla decodifica dell’attività cerebrale onirica potrebbero ispirare lo sviluppo di interfacce cervello-computer ancora più avanzate.

Tuttavia, è cruciale affrontare questa promettente frontiera scientifica con una sana dose di riflessione filosofica ed etica. Cosa significherebbe poter “registrare” un’esperienza così intima e personale come un sogno? Quali sarebbero le implicazioni per la nostra concezione di privacy e di interiorità? Il confine tra realtà e sogno, già di per sé labile, potrebbe diventare ancora più sfumato, aprendo interrogativi profondi sulla natura della nostra esistenza e sulla distinzione tra il mondo esterno e il nostro universo interiore.

 

Cecilia Agostini

(Studentessa, Accademia di Belle Arti di Brescia SantaGiulia)