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La comunicazione istantanea

Nuove forme di testualità digitale e costruzione del sé

Di Francesco Ciaponi 29/08/2023

Noi tutti viviamo immersi in quella che viene definita la società delle immagini[1]. A riprova di questa tesi antica di oltre un secolo, potrebbero essere utilizzati moltissimi esempi, basti pensare al successo globale di piattaforme quali Pinterest e Instagram o, se allarghiamo il concetto di immagine fino a contenere anche quelle in movimento, a fenomeni come le Stories o Tik Tok. Pensiamo alla quantità di stimoli visuali a cui i nostri sistemi cognitivi sono sottoposti, dall’onnipresente advertising fino al social design e al packaging di prodotto.

Un aspetto che però rimane colpevolmente nascosto in questo tipo di evidenze è l’altrettanta pervasiva presenza del testo. Non risulta infatti, nell’intera storia dell’umanità, un altro periodo in cui si è prodotta una tale quantità di testi come quello attuale ed è proprio da questo presupposto che vorrei prendere spunto per rovesciare la suddetta tesi.

BREVE STORIA DELLA MESSAGGISTICA

Parlando del testo nella sua accezione più contemporanea è d’obbligo prendere spunto da una delle sue forme attualmente più diffuse ovvero la messaggistica.

Innanzi tutto è necessario precisare che cosa si intende per messaggistica. È bene infatti suddividere questo ampio settore della testualità in base alle definizioni che oramai sono accettate dalla maggioranza degli studiosi.

Il termine messaggistica si riferiva originariamente ai messaggi inviati utilizzando il servizio denominato Short Message Service (SMS), che successivamente ha visto integrare il testo alfanumerico con contenuti multimediali quali immagini digitali, video e contenuti audio, nonché ideogrammi come gli Emoji con i cosiddetti Multimedia Messaging Service (MMS).

Seguendo il repentino sviluppo di questa forma di testualità tipica dell’era digitale, giungiamo alle piattaforme specificatamente pensate per questo tipo di comunicazione fra cui cito solo a titolo di esempio Whatsapp, Telegram, WeChat e le applicazioni social come Twitter e il suo equivalente cinese Weibo.

A questo punto è utile distinguere ciò che abbiamo definito come SMS, caratterizzati da un’iniziale asincronia fra scrittore e lettore e l’Instant Messaging (IM), ovvero la funzione di scambio di messaggi sincroni per cui si utilizza spesso la metafora della conversazione, sia pure essa si caratterizzi dall’assenza fisica dei partecipanti.

LE CARATTERISTICHE DELLA NUOVA TESTUALITÀ

La comunicazione digitale prodotta tramite i dispositivi mobile porta con sé l’evidente conseguenza di una rinnovata fortuna del testo. La parola scritta conquista spazi nuovi e torna con prepotenza all’interno del flusso comunicativo quotidiano attraverso la produzione pressoché continua di elementi testuali.

Esistono però delle caratteristiche che rendono la rappresentazione testuale dell’instant messaging una forma specifica di testualità che si svolge all’interno di un determinato ambiente tecnologico. Con questa definizione, Elena Pistolesi definisce: «l’ambito in cui è possibile accedere a più media contemporaneamente disponibili e oggi convergenti nei dispositivi mobili[2]». Il cellulare, per esempio, è tipicamente una tecnologia multifuzionale e integrativa, che cioè «assorbe sia l’antica funzionalità di scrittura come memoria e archivio di oggetti, che già deteneva il Personal Computer ma in maniera isolata e locale, sia la condivisione di questa memoria all‟interno di una globalità comune[3]».

Il concetto di ambiente tecnologico e delle specifiche ripercussioni sulle modalità con cui si forma la scrittura, rimanda evidentemente a quello di determinismo tecnologico elaborato dalla Scuola di Toronto, su cui torneremo in seguito.

Un aspetto delle mutate condizioni della comunicazione interpersonale derivante dalla diffusione dell’IM è quello portato alla luce dallo studio di alcuni ricercatori della Carnegie Mellon University nel 2012[4]. Nel loro saggio si analizzano le forme con cui la messaggistica si suddivida in base due modalità principali: uno a uno e uno a molti.

Queste modalità sono associate a due diversi tipi di relazioni: il primo rimanda alla formazione e al mantenimento di rapporti individuali, il secondo al senso di appartenenza a gruppi di conoscenti creati per le attività comunitarie come le chat scolastiche, condominiali o lavorative.

La comunicazione uno a uno fornisce informazioni per il confronto con altri simili da cui ricevere feedback sui propri sentimenti, pensieri e avvenimenti. Si tratta in questo caso, di un aspetto centrale per la formazione e la costruzione della propria identità che passa attraverso il riconoscimento da parte della comunità.

La comunicazione uno a molti invece, oltre a essere fondamentale per la cooperazione e la gestione di situazioni collettive, è di estrema importanza per gli adolescenti nelle loro differenti fasi di socialità; un potente strumento di connessione e creazione di senso di appartenenza.

Still life red thread connection

Un secondo aspetto riguarda la variabile tempo. Una persona può intrattenersi in una conversazione con un altro utente senza il vincolo di dover rispondere entro breve tempo e senza doversi immediatamente dedicare alla conversazione stessa. A questa caratteristica si collega la funzione presente in tutti i servizi di messaggistica, che segnala al mittente se il destinatario ha ricevuto o meno il messaggio, se lo ha letto e, più in generale, se è disponibile. Da qui nasce la capacità di un individuo di decidere quando e se rispondere. Si tratta in questo caso di una attività che possiamo definire di negoziazione sociale fra gli utenti che può anche influire sul corretto svolgimento della comunicazione stessa.

Uno scenario che spesso si presenta è quello in cui il destinatario non può essere raggiunto di persona o al telefono perché, ad esempio, è impegnato o decide di mostrarsi tale. In questo caso è possibile, contrariamente alla comunicazione verbale, inoltrare ugualmente il messaggio senza però intromettersi e fungere da elemento di disturbo. Ecco quindi la centralità dell’elemento tempo, l’interruzione possibile del flusso data dall’asincronicità funge da moderatore della comunicazione ed è centrale nell’utilizzo della messaggistica a causa della tendenza di un individuo a essere coinvolto sempre più spesso in più di un’attività contemporaneamente (multitasking).

Il fattore sospensione è da anni al centro del dibattito e vede fronteggiarsi due fazioni opposte: da un lato coloro i quali vedono nella velocità e nell’immediatezza il valore aggiunto dell’IM. Esiste però tutta una letteratura scientifica che diversamente, pone l’accento su due limiti assai invasivi nella normale dinamica tipica della comunicazione instantanea: l’eccedenza di messaggi e chat di gruppo e l’eccedenza di interruzioni dovuta proprio alle notifiche.

Se il primo punto riguarda in generale tutto il sistema di scambio di informazioni che ha invaso la nostra quotidianità giungendo a fenomeni quali l’information overload[5], nel secondo caso il problema è tipico della comunicazione always on. Problema che pone dei seri dubbi sull’effettiva utilità di certi strumenti soprattutto in ambito lavorativo dove l’estensivo utilizzo di IM porta a una abnorme quantità di messaggi scambiati in pochissimo tempo.

Un’altra proprietà tipica della testualità instantanea è quella di essere breve, a volte brevissima.

La brevità dei testi si deve innanzi tutto alle dimensioni predefinite del messaggio, ma, scavando sotto la superficie, si riscontrano anche forme di ridondanza semantica, lessicale e sintattica legate alla scarsa pianificazione, alla gestione intermittente della composizione testuale, al tenore emotivo dello scambio e al tempo che intercorre tra la richiesta e la rispettiva risposta.

La brevità, inizialmente ricondotta a motivi di economia come i costi di connessione, è stata analizzata da Jean-Pierre Jaffré che ne ha tratto un indice di socializzazione[6] atto a misurare la tendenza a condividere un medesimo codice all’interno di una rete di relazioni siano esse estese come nei gruppi di discussione, oppure fra due individui.

Si tratta ad ogni modo di un continuum comunicativo che risulta assai faticoso e che, molto spesso, porta a cali di produttività o, nel peggiore dei casi a fenomeni di bornout[7].

Un’altra caratteristica dell’IM è quella di veicolare testi non strutturati, redatti spesso mentre si lavora su altri progetti. Testi non ortodossi redatti con modalità spesso creative per comunicare pensieri a volte complessi che possono anche essere portatori di un’elevata carica emotiva.

Anche questo aspetto può apparire banale ma nasconde un fenomeno con cui siamo e saremo sempre più costretti a misurarci, l’evidenza cioè che il tessuto stesso del nostro linguaggio si stia lentamente trasformando in un complesso e collettivo insieme di simboli digitali che si connettono tra loro. Prescindendo dalla tradizionale visione secondo cui i messaggi deteriorano l’utilizzo ortodosso della lingua, mai effettivamente dimostrata, l’instant messaging pone in essere nuove potenzialità di interazione, sfide con le quali viene rivisitato il testo e le sue funzioni, i suoi elementi di base (le lettere) e il suo rapporto con le emozioni (emoticon).

Che si tratti di testi inviati tramite SMS o IM, le caratteristiche che da sempre hanno catturato l’attenzione dell’opinione comune e dei ricercatori rimandano all’utilizzo eccessivo delle abbreviazioni, l’estrema concisione, la scorrettezza grammaticale e sintattica, la scarsa pianificazione e attenzione a ciò che si sta scrivendo. In realtà, se lo sguardo si fa più attento, notiamo che non è affatto così, e riflettendo maggiormente su questi punti, un’osservazione sorge spontanea: nessuno obbliga lo scrivente a fare uso di queste scorrettezze; ma soprattutto, l’utente non vuole pagare il costo di un sms o sprecare il proprio tempo per recapitare un messaggio che sicuramente non sarà capito. Ciò che ha influenzato la percezione della nuova testualità istantanea fino a rappresentarla come scarna e vuota è il fatto che essa sia stata presentata come necessaria. Una nuova scrittura di cui ci fosse necessità solamente perché lo smartphone la richiede. Ecco che ritorna – in tutta la sua attualità – lo storico dibattito sul cosiddetto determinismo tecnologico proposto dal sociologo statunitense Thorstein Veblen che vede contrapporsi coloro i quali sottolineano il rapporto tra i supporti tecnologici e i conseguenti processi cognitivi. Tale contrapposizione vede contrapporsi gli esponenti della Scuola di Toronto come Harold Innis e più di recente Derrick De Kerckhove, e coloro i quali non vedono la tecnologia specifica del medium come fattore decisivo per il mutamento dei processi cognitivi. Fra questi possiamo annoverare Jay David Bolter e i pensatori europei come Michel Foucault e Jacques Derrida.

Sebbene sia una forma di scrittura che come detto esprime delle specificità, il testo della messaggistica instantanea presenta sia delle analogie che delle differenze sostanziali con il linguaggio parlato. Gli instant messaging sono un misto tra queste due categorizzazioni distinte, poiché, se è vero che ad esempio entrambi sono informali, semplici e dialogati, è altrettanto evidente che per quanto concerne la messaggistica instantanea, si tratti di testualità pianificate in quanto pre-organizzate e contenenti comunque un certo grado di attenzione nella loro stesura.

Nel caso della messaggistica la novità è la dialogicità, caratteristica propria dei nuovi media, che trasforma anche la testualità interpersonale, le sue caratteristiche e più in generale la lingua. Le nuove tecnologie come l’instant messaging rendeno dialogica la scrittura, annullano la distanza temporale fra emittente e ricevente permettendo così lo scambio di ruoli fra i due soggetti che si alternano in un rimando continuo di feedback.

Esistono poi anche altri aspetti più strettamente funzionali delle nuove forme di utilizzo della testualità. Pensiamo al suo ruolo come supporto all’organizzazione dei nostri rapporti sociali. Sono esempi di questa tipologia i frequentissimi testi come: ti ho appena spedito il file oppure sono a casa, chiamami al fisso ecc. Tutti tasselli della comunicazione che, sia pur in modo del tutto inavvertito, contribuiscono a evitare ritardi, fraintendimenti e, più in generale, a favorire un’organizzazione maggiormente efficace dei rapporti sociali.

Da non sottovalutare è inoltre la possibilità di disattivare l’audio del proprio dispositivo – una sorta di comunicazione sottovoce – che consente scambi paralleli più discreti o ancora la funzione di inoltro dei testi che facilita lo sviluppo e la diffusione delle cosiddette catene di messaggi o, infine, la possibilità di conoscere in diretta il numero dell’emittente consentendo agli utenti di decideresti da farsi, filtrare o no le chiamate in entrata.

In generale l’instant messaging tende molto spesso a generare una tensione temporale quasi costante fra i diversi soggetti coinvolti, una bramosia di ricevere feedback e risposte anche banali e – come ho tentato di spiegare in precedenza – solo superficialmente prive di particolare importanza. Si tratta di una tecnologia in transizione che vive in un eterno divenire mai del tutto completo, che solitamente integra un dialogo che avviene anche su altri media. Si parla a questo proposito di culture eXtreme: «quelle che, nel corso della loro autoproduzione, si costruiscono secondo i moduli spaziali dello sterminato. La culture eXtreme sono sterminate: eX-terminate: nel senso che spingono a non essere terminate, a sentirsi come interminabili, a rifiutare ogni termine alla loro costruzione-diffusione processuale[8]». L’instant messaging permette di rispondere a una email con una telefonata, con un SMS, in chat o dal vivo. Di commutare linguaggi e orizzonti discorsivi attraverso una dinamica convergente in cui ogni linguaggio mostra la propria specifica testualità sempre più in grado di confluire in una più ampia dinamica comunicativa senza una effettiva fine.

B) GLI ASPETTI RELAZIONALI EMERSI CON LA MESSAGGISTICA

Andiamo adesso ad approfondire quelli che sono gli effetti che le nuove forme di testualità hanno avuto e avranno anche nel prossimo futuro, sulle nostre relazioni sociali.

Naomi S.Baron nel suo Letters by phone or speech by other means[9], parla del testo nella messaggistica come di una tecnologie di socievolezza, una nuova forma di testualità ibrida che tende a miscelare alcuni aspetti del discorso scritto con quello parlato. 

Risulta evidente che, oltre alle specifiche funzionalità della messaggistica viste in precedenza, la sua enorme diffusione è da ricondurre – fra le altre cose – alla sua spinta verso la connessione fra gli individui, quella cultura partecipativa alla base del concetto di intelligenza collettiva teorizzato da Pierre Levy[10], che non riguarda più adesso la comunicazione one direction tipica della cultura pre-digitale, ma che si inserisce a pieno in quella che il filosofo Luciano Floridi ha chiamato Infosfera[11].

Molto spesso, l’analisi della messaggistica è stata ricondotta a caratteristiche quali la banalità e la scarsa presenza di unità informative. Potremmo essere anche d’accordo ma, come vedremo, si tratta appunto di una visione alquanto superficiale.

Innanzitutto, come sostenuto da Crispin Thurlow e Alex Brown: «è attraverso questi scambi fugaci che i linguisti possono seguire le evoluzioni e cambiamenti nell’interazione sociale in un mondo online postmoderno[12]». I due studiosi propongono il superamento dell’apparente contraddizione insita nel concetto di importanza del banale in favore di una valorizzazione di questi testi collettivi a partire dal loro potenziale di significato sia sui singoli individui che sulla formazione di collettività.

Se ci riferiamo alla maggior parte della produzione testuale della messaggistica, possiamo sostenere che i messaggi che compongono quello che i due definiscono Small Talk, fanno parte di un tipo informale di discorso, quasi sempre sganciato dalla necessità di veicolare informazioni e più spesso riferibile ad una specifica esigenza di rappresentazione della propria individuale soggettività o, per usare le parole di Erving Goffman, di ricercare il riconoscimento sociale attraverso la relazione.

Questo fenomeno trae le sue origini negli studi portati avanti dall’antropologo e sociologo polacco Bronisław Malinowski, che nel 1923 ha coniato il termine Phatic Communication[13] per descrivere questo tipo di scambio comunicativo.

Quello che sta alla base degli studi di Malinowski è un vero e proprio paradosso che prende spunto da un deciso cambio di paradigma secondo il quale è necessario rivolgersi alla testualità non più dalla prospettiva formale con cui si manifesta, ma bensì dalla prospettiva dei suoi effetti sull’agire sociale.

Facciamo adesso un passo indietro e contestualizziamo quelli che sono i comportamenti sociali e le loro relazioni con la testualità nelle forme del comunicare.

Nel suo The Transformation of Intimacy[14] Anthony Giddens sostiene che in un contesto di generale smantellamento della fiducia e della sicurezza ideologica e sociale, diventa fondamentale la costante attività di costruzione della propria personalità, pubblica e privata. Una costruzione del sé continuamente corretta e modificata. Un lavoro ontologicamente in progress in cui è l’oggetto stesso che si va costruendo che muta e si fa indefinibile.

Per Stjepan Mestrovic siamo di fronte alla Postemotional Society[15], una società cioè in cui l’emozione, o meglio, la perdurante manifestazione delle emozioni, è divenuta una risorsa da manipolare e utilizzare per la rappresentazione del sé.

Per Manual Castells invece, la continua decostruzione e ricostruzione dei legami sociali tipica dell’era digitale teorizzata anche da pensatori quali Zygmunt Bauman e Ulrich Beck, ha portato a una nuova morfologia sociale costituita da quella che egli definisce società della rete, una forma di interrelazioni multiple basata sulla continua costruzione e ricostruzione delle reti personali e dei relativi contatti.

A dispetto della tesi iniziale sul trionfo della Società delle immagini, il testo torna ad acquisire una decisa centralità nel discorso sociale. Una centralità che secondo Malinowski rappresenta una vera e propria abilità sociale che ha per obiettivo quello di ricercare il grado più elevato di convivialità.

Ma definiamola allora questa convivalità.

Attraverso l’uso dell’IM si insegue un continuo scambio informativo a bassa intensità di contenuti informativi, a prima vista privo di profondità di significato, ma fondamentale per assicurare la coesione sociale, il senso di appartenenza e il benessere sociale sia dell’individuo che della comunità stessa.

Con la globalizzazione degli anni Novanta, gli individui hanno smarrito la tradizione, la storia, le principali ortodossie politiche e culturali, perdendo così molti dei vincoli che fornivano loro certezze e punti di riferimento. Oggi, nella nostra tanto estesa quanto destabilizzante libertà di manovra, siamo costretti a costruirci le nostre biografie sui nostri legami sociali. A causa della natura sempre più disincarnata della tarda vita moderna, un importante compito dell’individuo è quindi quello di ricostruire e mantenere continuamente i propri legami sociali che si mostrano deboli nei confronti della natura economista che pervade le nostre vite. Come sostiene Nicolas Bourriaud: «Lo spazio delle relazioni correnti è quello più duramente colpito dalla reificazione generale. Simboleggiato da merci o rimpiazzato da esse, segnalato dal logo, il campo delle relazioni umane deve assumere forme estreme o clandestine se vuol sfuggire all’impero del prevedibile[16]».

È facile dunque dedurre come le relazioni interpersonali diventino fondamentali per la realizzazione e costruzione del sé. Testi che da veicoli di narrazioni si trasformano in veicoli di informazioni[17] in cui sempre di più si scambiano dati e non significato. A questo proposito Karin Knorr-Cetina ha usato il termine Postsocial Knowledge Societies [18] per descrivere non solo il fenomeno dello smantellamento dei sé moderni, ma anche la sempre più vasta mole di documenti, testi e informazioni che riguardano gli ambienti centrati sulla costruzione delle differenti soggettività.

È dunque la Phatic Communication quell’insieme di testi che costruiscono le relazioni e che sostengono l’interazione sociale attraverso un contatto e un’intimità non informativi, ma assai più pervasivi rispetto al passato. Lo scopo non è quello di scambiare informazioni significative, ma di esprimere socievolezza e mantenere le connessioni sociali.

È questa nuova forma di testualità a contenere molta più importanza di quanto il contenuto stesso suggerisca perché, anche se a prima vista i ripetuti Come va? e Dove sei? possano apparire del tutto privi di significato, è proprio qua che si nasconde il mutamento antropologico del testo dove il contenuto non è più il fondamento su cui si poggia la comunicazione. Più significativo di ciò che scriviamo nei nostri testi, è il fatto stesso che essi fungano come connessione con l’altro. È lo scambio di informazioni quello che diventa superfluo, ciò che conta è il restare in contatto. Così il testo diventa parte integrante di una rete di relazioni necessaria per mantenere una presenza connessa in una socialità tanto debole quanto costantemente in progress.

La logica che sta alla base della Phatic Communication si basa su quella che può essere definita politica a basso investimento: brevi forme testuali stereotipate e ripetitive che richiedono un K. Knorr-Cetina, Sociality with Objects: Social Relations in Postsocial Knowledge Societies in Theory, Culture & Society, n.4, 1997, pag. 1-30.minimo impegno e un basso investimento in termini di tempo e conoscenza. Facilmente realizzabili da chiunque, consentono a persone di ogni estrazione sociale e di ogni livello culturale di costruire una propria rappresentazione del sé all’intento di una comunità. Tali nuove forme di testualità implicano quindi un’ampia rivisitazione del concetto di attivismo lontano dalla politica reale ma più orientato a testi discorsivi (virtuali) e simbolici.

L’azione politica come intervento parcellizzato, potremmo dire di sensibilizzazione dal basso, come rimodulazione del sentire e dell’agire popolare che si muove verso l’alto fino a mutare le politiche istituzionali. Nicolas Bourriaud ci ricorda che già nel 1977, Félix Guattari si esprimeva in tal senso:

«Penso sia illusorio scommettere su una trasformazione progressiva della società, mentre credo che i tentativi microscopici, comunità, comitati di quartiere, organizzazione di asili in facoltà, rivestano un ruolo assolutamente fondamentale[19]». A questa tesi secondo cui i processi di cambiamento si possono innestare solamente tramite piccoli nuclei deliberanti si avvicina anche l’antropologo David Graeber il quale sostiene che: «bisogna abbandonare l’idea che la rivoluzione significhi impossessarsi dell’apparato dello Stato e innescare invece un processo di rifondazione della democrazia basato sull’auto-organizzazione di comunità autonome» per poi continuare evidenziando il fenomeno, forse un pò utopico, secondo cui «sembra quasi che la democrazia stia tornando negli spazi da cui è sorta: negli spazi intermedi, negli interstizi del potere. Se da lì riuscirà a estendersi all’intero pianeta dipenderà non tanto dalle nostre teorie quanto dalla nostra reale convinzione che la gente comune, seduta insieme a deliberare, sia capace di gestire le proprie faccende meglio delle élites che le gestiscono a loro nome e che impongono le decisioni prese con la forza delle armi[20]». È proprio in questi spazi intermedi che ha luogo il riscatto come previsto già da Karl Marx, in ambito economico, nel concetto di interstizio, quelle comunità di scambio cioè che sfuggono al quadro dell’economia capitalista, poiché riescono a sottrarsi alla legge del profitto e che si materializzano in fenomeni quali il baratto, le vendite in perdita, le autoproduzioni.

Top view wooden pawns arrangement

Attraverso le nuove forme di testualità nascono nuove forme di attivismo negli anni definite in vari modi: microattivismo, micro-contributi, subattivismo o più criticamente clicktivism o slacktivism.

Come sovente accade di fronte a fenomeni di questo tipo, gli studiosi tendono però a dividersi rinnovando la storica dialettica fra apocalittici e integrati.

Da un lato, autori come lo spagnolo Manuel Castells, sottolineano l’importanza della nuova testualità come detonatore di gesti che, se moltiplicati, possono porre le basi per eventi di trasformazione. A supporto di questa tesi Castells sottolinea il ruolo avuto da Twitter e dalle chat di gruppo nelle proteste di massa avvenute nel primo decennio del Secolo in Islanda, Tunisia e Egitto. Anche Clay Shirky, nel suo articolo The political power of social media. Foreign Affairs, evidenzia come: «per i movimenti politici, una delle principali forme di coordinamento è ciò che i militari chiamano Shared Awareness (consapevolezza condivisa), la capacità cioè che ogni membro di un gruppo ha non solo di comprendere la situazione, ma anche di sapere che la medesima consapevolezza è condivisa con tutti gli altri membri del gruppo[21]».

Da un punto di vista opposto, osservatori più scettici come Malcom Gladwell, Evgenij Morozov e molti altri tendono a non valorizzare l’aspetto di attivismo politico di questi nuovi usi del testo preferendo sottolinearne esclusivamente la parte comunicativa e non politica. Si tratta per Gladwell e gli altri di forme di partecipazione in cui alle persone non è richiesto niente di particolarmente impegnativo arrivando a sostenere che si tratti di una forma di auto redenzione, avvertiamo cioè la sensazione consolatoria di aver partecipato a qualcosa di buono e utile senza effettivamente aver fatto nulla per qualche forma di cambiamento sociale e politico.

Volendo tirare le somme, potremmo sostenere che alla base dell’utilizzo dei testi tipici della testualità istantanea non c’è l’obiettivo di manifestare e supportare necessariamente una presa di posizione ma quello di costruire o mantenere una connessione attraverso svariate forme di riconoscimento individuale e collettivo.

Lo studioso americano Tobias Menely nel suo saggio intitolato Forgive me if I am forthright – or, Conversational Freedom[22], dimostra come la Phatic Communication abbia la funzione primaria di coltivare e mantenere l’armonia sociale agendo come un adesivo sociale che tende a spostare la conversazione verso argomenti meno controversi e divisivi. Forzando un pò il parallelismo, pensiamo per esempio al fatto che Facebook ha un pulsante Mi piace ma non un pulsante Non mi piace in quanto quest’ultimo minaccerebbe il formarsi di conflitti impedendo così la crescita della rete. Menely si spinge oltre differenziando i testi in due differenti tipologie. Da una parte pone l’espressione che consiste nel semplice mantenere un contatto interpersonale tramite testi semplici e immediati ma pressoché privi di significato, dall’altra, parla di conversazione, quando cioè il testo ha l’obiettivo anche di produrre il cambiamento attraverso la trasmissione di informazioni. Se nel primo caso il testo per essere compreso necessita del riconoscimento reciproco, nel secondo è necessario un differente livello di attenzione e predisposizione al cambiamento.

A questo punto è utile ritornare ancora una volta a Nicolas Bourriaud e al suo concetto di interstizio riferito al ruolo relazionale rivestito dall’arte contemporanea, ovvero «lo spazio di relazioni umane che, pur inserendosi più o meno armoniosamente e apertamente nel sistema globale, suggerisce altre possibilità di scambio rispetto a quelle in vigore nel sistema stesso[23]».

Ma quali sono le relazioni umane in vigore nel sistema di cui parla Bourriaud e che noi abbiamo definito Phatic Communication e soprattutto perché oggi sono così centrali?

Per rispondere a questa domanda è necessario sottolineare come oggi il valore dell’informazione costruita dalla nuova testualità sia basato essenzialmente sulla generazione di grandi quantità di dati che possono essere facilmente tracciati e analizzati nei sempre più avanzati processi di marketing. Strategie come il Data Mining, la profanazione delle attività dei consumatori, le loro relazioni con i marchi, il monitoraggio del buzz, sono tutti fenomeni gestiti più facilmente tramite database, algoritmi e intelligenza artificiale con l’obiettivo tutto economico di ottenere informazioni sui consumatori.

Si tratta quindi di testualità funzionale all’auto-rappresentazione collettiva – non semplicemente il chiacchiericcio di sottofondo – che si è sviluppata come risposta al crollo di ogni riferimento culturale, sociale e politico. Lo scopo del testo tipico della messaggistica istantanea non è quello di:

«trasmettere il pensiero o stimolare la riflessione, ma piuttosto di rompere il silenzio e stabilire legami di riconoscimento reciproco[24]».

Pur restando molto scettico sull’effettivo ruolo di agente di cambiamento della Phatic Communication, ritengo sia molto utile porre l’attenzione su queste forme di testualità in quanto strumenti per la comprensione delle dinamiche sociali contemporanee.

Per concludere, possiamo quindi definire il testo come testimone e strumento della complessa struttura culturale, cognitiva e linguistica della convivenza collettiva e niente affatto subordinato alla fruizione dell’universo visuale.

Su https://www.academia.edu/1509459/Phatic_Culture_Too_Much_of_a_Good_Thing visionato settembre 2020.

 Francesco Ciaponi
(Accademia di Belle Arti di Brera, Milano – LABA, Rimini)

 

1)

La società delle immagini, definizione corrente dell’oggi, descrive l’ambiente di vita dal tempo della Parigi ottocentesca definita anche come la città dai muri che parlano. Definizione derivata dalle affiches, i manifesti che allora cominciavano a tappezzare la città di figure e colori, proseguendo la volontà comunicativa nata con gli intenti repubblicani e democratici della grande rivoluzione.

2)

E. Pistolesi, Testi brevi. Teoria e pratica della testualità nell'era multimediale, Peter Lang GmbH, Berlin, 2011, pp. 113-125.

3)

P. Marocco, Dai segnali di fumo agli sms. Piccola mappa delle tappe evolutive scalate dalla comunicazione a distanza, «Il Manifesto», 21 settembre 2005.

4)

Bonka S. Boneva – Amy Quinn – Robert E. Kraut – Sara Kiesler – Irina Shklovski, Teenage Communication in the Instant Messaging Era in R. Kraut – M. Brynin – S. Kiesler, Computers, phones, and the Internet: Domesticating information technology, Oxford University Press, 2012, pp. 201–218.

5)

Per Information overload si intende l’incapacità di prendere una decisione o individuare un elemento sulla quale focalizzare l’attenzione a causa della mole troppo elevata di informazioni che si ricevono. Per approfondimenti, si rimanda ai testi: B. Gross, The Managing Organizations: The Administrative Struggle, Collier-Macmillan, London, 1964 e A. Toffler, Lo choc del Futuro, Rizzoli, Milano, 1971.

6)

J.P. Jaffré, L'écriture et les nouvelles technologies: ce que les unes nous appren- nent de l‟autre, in Actes des Quatrièmes Rencontres Réseaux Humains / Réseaux Technologiques 2002, Documents, Actes et Rapports pour l'Education, 2002, p.86.

7)

Per Burnout si intende l’esaurimento (surriscaldamento) da stress.

8)

M. Canevacci, Culture extreme. Mutazioni giovanili tra i corpi della metropoli, DeriveApprodi, Roma, 2021, p.54.

9)

N.S. Baron. Letters by phone or speech by other means: the linguistics of email, in Language & Communication
Volume 18, Issue 2, 1998, pp. 133-170.

10)

P. Levy, L’intelligenza collettiva. Per un'antropologia del cyberspazio, Feltrinelli, Milano, 1999.

11)

L. Floridi, Pensare l'infosfera. La filosofia come design concettuale, Raffaello Cortina, Milano, 2020.

12)

C. Thurlow – A. Brown, Generation TXT, Generation Txt? The sociolinguistics of young people's text-messaging, Department of Communication, University of Washington, 2003, p.45.

13)

B. Malinowski, The Problem of Meaning in Primitive Languages, in C.K. Ogden – I.A. Richards, he Meaning of Meaning: A Study of the Influence of Language upon Thought and of the Science of Symbolism, London, Trench and Trubner, pp. 296–336.

14)

A. Giddens, La trasformazione dell'intimità. Sessualità, amore ed erotismo nelle società moderne, Il Mulino, Bologna, 2013.

15)

S. Mestrovic, Postemotional Society, SAGE Publications Ltd, New York, 1997.

16)

N. Bourriaud, Estetica relazionale, PostMediaBooks, Milano, 2010, pag.11.

17)

A. Wittel, Toward a Network Sociality in Theory Culture & Society, n.18, 2001, pag. 51-76.

18)

K. Knorr-Cetina, Sociality with Objects: Social Relations in Postsocial Knowledge Societies in Theory, Culture & Society, n.4, 1997, pag. 1-30.

19)

N. Bourriaud. Estetica relazionale, Postmedia Books, Milano, 2010, p38.

20)

D. Graber, Critica della democrazia occidentale, elèuthera, Milano, 2012, pag.112.

21)

C. Shirky, The political power of social media. Foreign Affairs in The political power of social media. Foreign Affairs, Febbraio 2011, pp. 28–41.

22)

T. Menely, Forgive me if I am forthright or, Conversational Freedom, in Campus Conversations: The Role of Freedom of Expression in a multicultural and Democratic Society, Vol.1 2007-2008, Willamette University Salem, Oregon, 2008, pp. 94-111.

23)

N. Bourriaud. Estetica relazionale, Postmedia Books, Milano, 2010, p17.

24)

G. Graham, Phatic Culture: Too Much of a Good Thing?, in «Quills and Pixels», University of Arkansas at Little Rock, Spring 2012, p.1.