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Realia: il futuro simbiotico nell’arte digitale di Sabrina Ratté

Di Nicoletta Biglietti 21/05/2025

Nel tempo del Simbiocene – l’era immaginata da Donna Haraway in cui l’uomo smette di dominare per iniziare a coabitare – non servono utopie lontane, ma visioni radicali, tangibili, estetiche. Realia: il futuro simbiotico nell’arte digitale di Sabrina Ratté, in mostra al MEET Digital Culture Center di Milano fino al 1° giugno 2025, è una di queste visioni. Un’installazione immersiva che non si limita a raccontare un mondo futuro, ma lo costruisce, pixel dopo pixel, glitch dopo glitch e radice dopo radice.

Sabrina Ratté, artista canadese tra le più riconosciute della scena dell’arte digitale contemporanea, porta per la prima volta in Italia un insieme di opere che sembrano uscite da un ecosistema alternativo. Ma attenzione: non c’è nulla di alieno in questi mondi. Sono specchi, rifrazioni di un presente che fatichiamo ancora a vedere per intero. Le sue architetture digitali e i paesaggi organico-elettronici parlano di un futuro possibile, dove l’intelligenza artificiale non sostituisce, ma si intreccia alla memoria ecologica, e dove la tecnologia diventa fertile humus per nuove forme di coesistenza.

Inflorescences, Plane of Incidence, Cyberdelia e soprattutto Floralia sono i quattro tasselli di una narrazione che mette in crisi le vecchie opposizioni: umano Vs non-umano, naturale Vs artificiale, memoria Vs simulazione.

In Floralia, infatti, installazione ambientata in una sala virtuale che custodisce specie vegetali estinte, la memoria non è un semplice archivio, ma un organismo vivente, capace di influenzare e deformare lo spazio; qui, glitch diventano cicatrici del tempo e le piante digitali – in apparenza fredde, generate da software – restituiscono una profonda intimità sensoriale. È il lutto della natura che si fa promessa di rinascita.

Con Inflorescences, invece, è il rifiuto tecnologico che da rottame, e-waste, scarto diventa nuovo terreno di crescita per organismi ibridi, funghi digitali, vegetazioni post-umane. Non una distopia, ma un adattamento speculativo che rifiuta l’idea di catastrofe come fine inevitabile. È una metamorfosi. O meglio: è il Simbiocene – ovvero quella nuova era, oltre il pessimismo ambientale, caratterizzata da una relazione positiva e simbiotica tra l’uomo e la natura – che si insinua nelle fessure del nostro immaginario.

Quell’immaginario che in Cyberdelia da la possibilità i visitatori di interagire con un “oracolo” composto da AI e tarocchi, scegliendo una carta e attivando una visione. È un gioco, certo, ma anche un rito: un modo per ridare senso all’incertezza, per riscoprire il caso come forza creatrice e non solo distruttrice.

Perchè ogni visione è, in realtà, una possibilità evolutiva. Una trasformazione, una metamorfosi. Proprio come emerge in Plane of Incidence, dove oggetti abbandonati – ritrovati tra Montréal e Marsiglia – vengono digitalizzati e trasfigurati in esseri semi-viventi, attraversati da un’energia che parla di sì di rinnovamento ma anche di una nuova agentività della materia.

Ed è proprio l’uso del termine agentività (dal concetto di agency in filosofia e teoria critica) che suggerisce quanto questi oggetti non siano più semplicemente “cose”, ma diventino un’attiva presenza in grado di interagire, evolversi, e agire, appunto nel contesto artistico, simbolico e vitale

Il grande merito di Sabrina Ratté è infatti quello di non scegliere tra denuncia e visione, tra estetica e pensiero critico. Perché le sue opere sono in realtà ponti tra la filosofia e il design, tra la scienza e la poesia e tra ciò che è e ciò che potrebbe essere. E proprio per questo, funzionano. Incantano e fanno riflettere.

Non illustrano un futuro, lo fanno sentire. E infatti “Realia” non è una mostra da guardare, ma è un ambiente da attraversare. È un invito a riprogrammare i nostri sensi, a uscire dalla logica lineare dell’Antropocene per entrare in quella rizomatica del Simbiocene, dove tutto è relazione, mutazione, interdipendenza.

Perché, in fondo, vivere nel Simbiocene non significa abbandonare la tecnologia, ma imparare a danzare con essa.

 

Nicoletta Biglietti

(Accademia di Belle Arti di Brescia SantaGiulia)